SCHEDE DI ACLISTI BRESCIANI ILLUSTRI

MICHELE CAPRA

(Brescia 6.11.1916 – Brescia 19.9.1979)

 

Fu presidente delle ACLI bresciane dal 1955 al 1959

 

 

 La biografia di Michele Capra può essere presa a simbolo concreto della faticosa marcia in avanti dal 1943 ad oggi compiuta dalle forze popolari di Brescia per assegnare un volto più civile e più umano alla nostra società.

Nella lotta contro i nazifascisti Michele Capra, ancora giovanissimo, è a fianco dei Margheriti e dei Lunardi: e quando questi da eroi cadono sotto il piombo fascista, egli ne raccoglie l'eredita ideale e ne continua la lotta con tenacia e spericolata generosità. Così vissuta la Resistenza non rappresenta più un'avventura giovanile, ma il primo atto di un lungo processo di liberazione di quelle forze popolari che, prima la società liberale e poi il fascismo, avevano con mezzi legali ed illegali relegato ai margini della lotta politica italiana. Ecco perché spinto dagli stessi ideali di giustizia e di libertà che ne avevano fatto un “ribelle”, Michele Capra dopo il 1945 continua su altre trincee e con altri mezzi l'opera della resistenza: resistenza contro le forze dell'antico regime che tentano di impadronirsi del nuovo stato democratico e di rendere inoperante la Costituzione repubblicana; resistenza nella fabbrica contro ogni restrizione della libertà dei lavoratori e contro tutte le misure paternalistiche che mirano a distruggere la coscienza dell'uomo; resistenza contro lo scetticismo di coloro che, stanchi di lottare, si arrendono ai corruttori, oppure rinunciano sfiduciati alla lotta politica e sindacale.

In questa concreta opera di testimonianza, morale prima ancora che politica, Michele Capra sceglie sempre la trincea più avanzata: è commissario di fabbrica alla OM negli anni duri della repressione sindacale ed è uno dei promotori della lotta senza tregua contro il "premio antisciopero"; per quattro anni (1955-1959) è presidente provinciale delle ACLI dove si fa interprete appassionato dell'ansia sociale e solidaristica del mondo del lavoro; nella D. C. egli rappresenta la voce più avanzata che, senza mai ricorrere alla demagogia, sa raccogliere le esigenze di rinnovamento provenienti dal mondo del lavoro, dai giovani e dalle forze più vive della cultura cattolica.

Ed in ogni occasione, nella fabbrica come nel partito, nel dibattito culturale come nelle associazioni democratiche, la presenza attiva di Capra ha un senso preciso: sta cioè a dimostrare che la via della democrazia anche se a volte può apparire difficile ed insidiosa rappresenta tuttavia l'unico strumento che possa garantire l'ascesa morale e materiale dei lavoratori ed il progresso reale della società. Quel che conta e mai disarmare e comprendere che la democrazia così come la libertà e la giustizia non sono doni ricevuti una volta per sempre ma valori che ogni giorno vanno difesi e conquistati perché ogni giorno v'è qualcuno o qualcosa che li minaccia.

Questo è anche l’impegno che persegue anche come parlamentare.

«Michele Capra», affermava l’on. Bodrato ad un convegno del marzo del 1980 in ricordo di Michele, «sentiva profondamente la responsabilità di rappresentare in parlamento le esigenze e i problemi del mondo da cui proveniva, quello della fabbrica, degli operai cattolico-democratici bresciani; per questo prima di ogni votazione, di ogni provvedimento di legge, egli si chiedeva quale effetto avrebbe apportato alla vita dei lavoratori. Capra fu tra i democratici cristiani quello che meno di tutti richiamava nei suoi discorsi la matrice ideale, i principi cristiani: non occorreva che lo dicesse perché in ogni momento lo praticava. Egli ha incarnato luminosamente l'idea di una militanza politica come servizio ai fratelli, un imperativo etico di cui molti parlano ma che pochi sono disposti a vivere fino in fondo».

Ancora nello stesso convegno Egidio Papetti sottolineava: «Egli non conosceva la parola opportunismo, non abbiamo ricordo di riunioni nelle quali Michele Capra, senza pensare ad alcuna convenienza. non dichiarasse con chiarezza e precisione il suo punto di vista. Discorsi sempre scritti, quindi meditati e preparati, mai pasticciati dall'improvvisazione. Interventi che per la semplicità, la chiarezza, la scorrevolezza dello stile, ci danno la misura esatta dell'uomo.

Nelle elezioni politiche del 1968, vincendo la sua naturale ritrosia e forzando un po' la sua volontà, accettò la candidatura alla Camera dei deputati. Venne eletto dai suffragi e dall'entusiasmo dei lavoratori e dei giovani democratici cristiani.

Ricordo la circostanza della sua elezione a deputato, confermata anche nelle successive elezioni del 1972, per ricordare insieme. la spontaneità dell'abbandono dell'incarico nel 1976. Raro esempio il suo, di fedeltà ad un convincimento più volte espresso, vale a dire: la democrazia e gli istituti rappresentativi si rafforzano e si consolidano nella coscienza dei cittadini, mediante l'avvicendamento e il rinnovamento degli uomini preposti agli incarichi pubblici.

Per la sopravvivenza della democrazia è un fatto fisiologico, indispensabile. Questa convinzione, condivisa da molti, ha purtroppo il difetto di essere praticata da pochi.

Tuttavia, il ricordo dell'esperienza parlamentare mi consente di richiamare - attraverso un passaggio cruciale di quel decennio trascorso - alcuni tratti inconfondibili della personalità di Michele Capra: l'equilibrio politico che l'ha contraddistinto nella valutazione dei fatti politici e la fermezza con la quale ha difeso convincimenti essenziali, profondi del suo essere cattolico e democratico».