Parrocchia
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STORIA
DELLA PARROCCHIA,
DELLA CHIESA E DI S. GIULIA
Parrocchia S. Giulia
La
Parrocchia di Santa Giulia nasce insieme con il villaggio Prealpino nel
1959 per volontà di quell’autentico ciclone benefico che fu Padre
Ottorino Marcolini nel dopoguerra bresciano. Il
villaggio Prealpino fu il terzo dei grandi insediamenti marcoliniani
dopo il Violino del 1953 e la Badia del 1955. L’insediamento
iniziò nel 1959 e si concluse con la costruzione del lotto denominato
Belvedere nel 1973. Complessivamente
sono 14 anni per completare
l’opera di edificazione di quasi 450.000 mq capaci di ospitare 5.000
persone. La
parrocchia, inizialmente come Delegazione Vescovile, esercitò i suoi
servizi fin dall’inizio sotto il ministero sacerdotale di Don Nicola
Pietragiovanna che lo concluse con la propria collocazione a riposo nel
1994; la chiesa originariamente ospitata
nei locali di una casa di Traversa Ottava e, successivamente, nei
sotterranei della scuola elementare (ora oratorio), fu edificata nel
1961 e dedicata i Santa Giulia Vergine e Martire i cui resti sono
conservati in un urna depositata nell’altare maggiore. Dal 1994, la parrocchia è retta da Don Luigi Bracchi.
Confini
Il quartiere, cui per il 98% si sovrappongono i confini parrocchiali di Santa Giulia, è delimitato a Sud-Est da via Conicchio, a Ovest da via Triumplina, a Nord dal confine dei comuni di Concesio e Bovezzo e, a Est dalla frazione bresciana di Mompiano. Il restante 2% del territorio del quartiere è assistito dalla parrocchia di S. Giovanni Battista di Stochetta.
LA
CHIESA PARROCCHIALE PREPOSITURALE di
S. Giulia v.m PIETÀ ED
ARTE del
prof.. Arturo Milanesi A
chi la osserva dall'esterno la chiesa del Villaggio Prealpino presenta
una facciata singolare: non è un complesso piano, ricco di colonne,
pilastri, statue, marmi veri o finti come altrove si nota; ma una
superficie liscia, a forma concava, che sembra quasi invitare,
accogliere, abbracciare; e la sua semplicità non è fredda,
scostante, ma vibrante di calore nella tinta del mattone; e civettuola
con quei sei gioielli che l'adornano in alto, sei finestrelle traforate
che incastonano ora zaffiri di cielo sereno, ora ombre perlate di
nuvole. In basso tre volte leggere si uniscono a formare un protiro
che sembra librato nell'aria tanto sono esili le colonnette che lo
sostengono come steli di un fiore. Entrando
si nota immediatamente l'originalità dell'architettura che ritma lo
spazio in tre grandi masse successive, con un'ampiezza che prorompe più
vasta e più luminosa verso l'abside, come un anelito che si fa più intenso
avvicinandosi
all'altare. Questo s’accampa su un triangolo a liste verticali di
legno e sembra privo di
sostegni, sospeso fra i gradini e la volta dell'abside,fra la terra e il
cielo. Il motivo dello sfondo triangolare ritorna ai due. altari minori,
sostenuti da un pilastrino elegantissimo che rastrema verso il basso la
sua forma poliedrica. Guardando
l'abside, colpisce una macchia turchina che spicca su uno sfondo a prima
vista amorfo, color mattone: è un lembo di cielo, dal quale piove una
luce rarefatta, incorporea, che rileva la figura della vergine Giulia:
la Santa tiene in una mano la croce (simbolo) del suo martirio,
nell'altra, riuniti in mazzo, il giglio della virtù e la palma della
vittoria; incede calma nel suo abito bianco, con lo sguardo assorto
lontano, oltre le nostre teste, fisso ad un punto che tutto le fa
trascurare. In quella luce acquista la sua vita e la sua dimensione il
colore circostante che pareva neutro: è rovente come quello di un
bracere, raggio d'amore in nuvole rosse di tramonto, visi infiammati di
angeli salmodianti in onore della gloriosa: « Triumphum martyrum
hymnis celebrate!». E la pacata melodia e solenne si effonde nell'abside, in
tutta la chiesa, al ritmo delle braccia osannanti. A
sinistra dell'abside è dipinta sopra un altare la Vergine del
rosario, vestita di cielo: regge un bimbo che con gesto festoso ci
mostra la corona, a quel viso ridente appoggia il suo
la madre, e con occhi
fissi ci osserva, ci fruga nell'anima, come una madre. Sull'altro
altare spicca il santo d'Assisi, la sua figura non ha più volume e i
suoi piedi non toccano più la terra mentre egli dice: «Laudato si’,
mi’ Signore». Laudato si' per frate foco, che qui è rappresentato
fonte di calore nella fiamma che brucia e datore di luce sulla candela e
sulla lampada accesa; laudato si' per sora acqua e per gli animali che
sostenta, per la terra, per le nuvole e per la pioggia; laudato si' per
tutte le creature, fra le quali timida e candida si aggira la colomba. Sui
fianchi della grande navata la « Via crucis » rappresenta il dramma
della passione. Vedi il Cristo che a fronte alta, ritto davanti a Pilato
mollemente seduto, scettico e indagatore, sembra dichiarare: « Io
sono il re dei Giudei ». Lo vedi accogliere la croce a braccia aperte e
valutarne sgomento la mole. Lo vedi cadere. Poi noti vicino a Lui la
Madre, il pio Cireneo dalle non ignote fattezze, la Veronica, le donne,
quel ceffo che lo spoglia, l'altro che crudelmente intento lo inchioda
al legno. Lo vedi infine crocifisso, con la Madre accanto. Ora,
in un canto, sorge un'impalcatura su cui lavora il pittore Vittorio
Trainini: segna col carboncino le figure sul muro, ha già tracciato i
lineamenti di papa Montini, di un angelo, della folla. E i tratti
spiccano netti sulla parete, quasi rilevati. Confrontando questo studio
con gli affreschi già finiti, ti pare che qui i colori e le linee siano
troppo smorzati e le dimensioni prive di rilievo. Ma osservale nell’insieme
queste figure: senza rinunciare alla propria peculiare vita
espressiva, vivono e respirano con lo stesso ritmo dell'architettura,
prive di rilievi e di macchie che ne disturbino il fluire armonioso. Gli
unici tratti rilevati e vivi per sé stessi li noti nei visi, in quegli
occhi ora assorti ora puntati, ora mansueti, ora truci, sempre
eloquentissimi Sta in "SANTA GIULIA. INCONTRO CON LA PATRONA NEL PRIMO QUINQUENNIO DELLA COMUNITA' PARROCCHIALE", maggio 1964
Santa Giulia vita e culto in terra bresciana S.Giulia Secondo
la tradizione agiografica, Santa Giulia nacque a Cartagine nel V secolo
d.C. Quando
i Vandali di Genserico invasero l'Africa settentrionale, fu fatta
schiava e deportata prima in Oriente e poi in Corsica, dove venne
acquistata da un nobile romano. Costui,
si racconta, cercò di costringerla a venerare gli idoli pagani, ma
Giulia, incrollabile nella sua fede cristiana, rifiutò; fu costretta,
per questo suo gesto, a subire un processo e il martirio. La
tradizione vuole che le sue spoglie, sepolte nell'isola di Gorgona,
siano state trasferite a Brescia nel 762-763 da Desiderio e dal figlio
Adelchi; per accoglierle, il sovrano longobardo avrebbe disposto la
costruzione della cripta di San Salvatore. Il
Monastero di S. Giulia L'area
sulla quale sorse, nell'VIII secolo, il monastero di S. Salvatore era già
edificata in età romana. Gli
scavi archeologici, condotti a più riprese a partire dal secondo
dopoguerra, infatti, hanno portato alla luce i resti di una grandiosa
domus. Nel
VI secolo la stessa zona fu occupata da modeste abitazioni; si trattava
di capanne in legno di piccole proporzioni realizzate sfruttando le
murature superstiti della domus. Nel
753 vennero fondati, da Desiderio, duca longobardo e dalla moglie Ansa,
la chiesa ed il monastero di S. Salvatore. La data di fondazione è
riportata in un Rituale scritto nel 1438. All'interno
della basilica di S. Salvatore, nel 762-763, venne realizzata la cripta
che doveva ospitare le reliquie di S. Giulia. Per questo motivo, il
monastero avrà nei secoli la duplice denominazione. Il
monastero, edificato su un'area appartenente al fisco longobardo, venne dotato
di un ricchissimo patrimonio fondiario, esteso non solo nel bresciano ma
anche in diverse zone dell'Italia, in Emilia, in Toscana e nei ducati di
Spoleto e di Benevento. Dopo
la sconfitta dei Longobardi ad opera di Carlo Magno, il monastero di S.
Salvatore - S. Giulia non solo continuò le sue attività, ma
addirittura numerose donazioni incrementarono il suo patrimonio. All'inizio
del IX secolo risale la fondazione dello Xenodochio, che forniva
assistenza ed ospitalità ai pellegrini. Secondo
le ipotesi più recenti, la basilica di S. Salvatore, in gran parte conservata fino ai nostri giorni, apparterrebbe al nucleo originario del
monastero omonimo. Venne
costruita sui resti di una chiesa più antica, probabilmente del VII
secolo. Sta
in “Brescia, città d’arte” CD
a cura di “progetto media s.r.l.” (Ridotto e adattato) S.
GIULIA AL VILL. PREALPINO Il
quartiere del Vill. Prealpino nasce alla fine degli anni ‘50, grazie
all’opera instancabile di p. Ottorino Marcolini, ingegnere e padre
filippino. La chiesa viene costruita alcuni anni dopo e viene dedicata a
S. Giulia in onore della
vecchia madre di p. Marcolini. Presso
il seminario vescovile «Maria Immacolata», e prima ancora presso il
vecchio seminario di «San Cristo», si trovavano le spoglie di S.
Giulia. Abituata a trasmigrare, “da Cartagine a Nonza, da Nonza a
Gorgona, dalla Gorgona a Livorno, da Livorno a Brescia, dal 1969 S.
Giulia ha trovato una stabile collocazione nel sarcofago dell’altare
maggiore della chiesa del Villaggio Prealpino.
IL
CULTO DI SANTA GIULIA NELLA PROVINCIA BRESCIANA Per
l’influenza religiosa e culturale del Monastero di S. Salvatore e
Santa Giulia, il culto della nostra patrona si è diffuso in tutta la
provincia di Brescia. Diamo
di seguito l’elenco delle parrocchie della nostra diocesi dove vi sono
chiese a lei dedicate. Pontogna
(Alta Valle Camonica) La
chiesa dedicata alla Santa sorge in alta montagna, in VaI d'Avio sopra
Pontogna di Pontedilegno. Fu probabilmente la sentinella più avanzata
delle estesissime proprietà che il Monastero bresciano aveva anche in
Valcamonica. Già nel 1573 era dotata di legati e ne aveva il
giuspatronato Tommaso Pedrini, detto Cattabriga. Piccola, con tetto a
volta imbiancata, con una campana e un solo altare, viene descritta
negli atti della visita di Giorgio Celere nel 1578. Nel 1580 per
“molte cose compiutevi affatto contrarie al culto divino commesse col
pretesto della pietà” andò a rischio di essere distrutta e
sostituita con una cappella nella chiesa parrocchiale. Ma la chiesetta
sopravvisse, sempre al centro di viva devozione. Recentemente è stata
completamente ricostruita. Terzano
(Bassa Valle Camonica, vicino
a Boario Terme) A
S. Giulia è dedicata la parrocchiale di Terzano, in fondo
alla convalle di Angolo. Anch'essa dovette nelle origini essere legata
al monastero bresciano. L'attuale edificio sembra essere della fine del
sec. XVI o degli inizi del sec. XVII, come dimostra la facciata. Venne
poi riadattata in alcuni elementi nel 1837. Pian
Camuno (Bassa Valle Camonica,
pochi chilometri a nord dal lago d’Iseo) Chiesa
parrocchiale e poi sussidiaria ma molto antica è S. Giulia di
Piancamuno. Appartenne fin dall'840 probabilmente alla “Corte Pradella”
nominata più volte nei documenti del Monastero di S. Giulia di Brescia
e venne costruita per la cura spirituale della popolazione che poi
formò la comunità di Sermida (poi chiamata Piano), la cui costruzione
viene fatta risalire al sec. XII-XIII. Il Panazza così la descrive: “La chiesetta romanica, che era orientata, ebbe la navata distrutta
quando nel sec. XV si ricostruii la chiesa con direzione nord-sud, non
conservando dell'antica che l'abside e i muri terminali della navatella.
Anche il campanile è del sec. XV. Nel
1180 le monache vi nominarono il sacerdote officiante. Fui
poi chiesa parrocchiale fino al sec. XVI quando venne sostituita
dall'attuale chiesa parrocchiale dedicata a S. Antonio Abate. Già
in “stato di conservazione deplorevole” nel 1912, dopo interventi
molto limitati è stata restaurata nel 1976-1977. Oltre
al completo rifacimento del tetto, nell'abside sono state riaperte
tre monofore e richiamate in evidenza tracce di affreschi. Concesio:
S. Giulia a Costorio (Paese
natale di Paolo VI, 3 Km a nord dal Vill. Prealpino) A
Concesio e più particolarmente a Costorio raccolse devozione
l'oratorio dedicato a S. Giulia, eretto “ab immemorabili” dal
celebre monastero omonimo bresciano. La chiesetta com’era nel sec.
XVI è descritta negli Atti della visita pastorale del vescovo Dolfin,
del 20 giugno 1582:
“La chiesa non è consacrata, ha un altare pure non consacrato ed è
lunga 15 passi e larga 5 circa, (poco più di m 22X7). Essa è ricoperta
di laterizi. Nella parte meridionale c'è una porta, mentre vicino
all'altare, rivolta a sud, s'apre una finestra; un'altra più piccola,
a forma di croce, è posta ad ovest, sotto il tetto. E'
dotata d'un piccolo campanile con una campanella. Non ha suppellettile
sacra né redditi; vi si celebra talvolta per devozione. Già
il vescovo Bollani nel 1567 ordina: “di imbiancare tutte le pareti, di
sistemare il pavimento, di costruire un campanile (in forma di "capitellum")
per collocarvi la campana e di provvedere i battenti per la porta; il
prelato raccomanda anche di tenere chiusa la chiesa. Che
la chiesetta sia stata circondata da viva devozione, lo si può
arguire da alcuni documenti. La relazione, ad esempio, dell'arciprete
Marchesi dell'8 luglio 1705 attesta che vi si celebrano “cento dieci
messe in tutte le feste di precetto, di voto, e anche di devozione tanto
della Comunità, come della Vicinia”. La
festa di S. Giulia veniva solennemente celebrata con parature, fuochi
d'artificio, spari di mortaretto. Il
tempio più volte restaurato venne abbandonato solo nel 1912, sostituito
da una nuova chiesa. L'antico edificio è stato ridotto a ritrovo per la
gioventù. A coronamento delle notizie non resta che l'augurio espresso
da Carlo Sabatti che ebbe a richiamare recentemente l'attenzione delle
autorità competenti riguardo all'antico tempio di S. Giulia, perché si
possa in futuro ricuperare i superstiti brani affrescati, d'indubbio
interesse storico-artistico. Di
altre chiese dedicate a Santa Giulia rimangano purtroppo solo tracce o
memorie nelle parrocchie di Roncadelle (vicino a Brescia), Orzivecchi
(nella bassa bresciana), Timoline (a sud del lago d’Iseo, in
Franciacorta), dovute all'influenza del Monastero di S. Giulia la
presenza del culto della santa anche in diverse località dell'alta
Italia. Sta
in “UNA SANTA UN VILLAGGIO, S. GIULIA V.M.” di A. Fappani, ed. Voce
del Popolo. Stampa a cura della parrocchia del Vill. Prealpino, 1984.
(Riduzione e adattamento)
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